Il rumore del frantoio è assordante, peccato non sentire anche il rumore delle olive che si rompono e liberano la polpa sotto il peso delle grosse ruote di granito. Ma il profumo è inebriante, pizzica in gola. Il frutto è rotto, il succo è libero, l’amaro dei polifenoli si sente nell’aria, punge, entra nel naso ed i vapori si appiccicano addosso; è lo svelarsi del segreto chiuso nella drupa.

Come sarà l’olio quest’anno?

Mi accorgo solo ora che le olives schiacciate hanno lo stesso colore della terra, quasi a donare l’ultimo tributo alla Madre, prima di diventare olio. Tutto è liscio, fluido. Il lavoro di queste persone nel frantoio è fluido. Segue ritmi ormai divenuti naturali. Sono io l’intrusa?  Quando lavoriamo di notte sì, lo sono.

L’intrusa

Certe notti esco di casa, abito in azienda, sono pochi passi. Indosso giacca e cappello, attraverso il piazzale, affronto il freddo che mi taglia la faccia, si vedono le stelle, sto anche imparando a riconoscere alcune costellazioni. Mi fa compagnia la luna, quando c’è.

Vado a pesare l’olio

Vado a controllare che ogni cosa sia in ordine. Il frantoio è un luogo tiepido, vaporoso, oleoso (ma va?!), accogliente, nonostante il rumore. Il “nagliere” ed il suo aiutante non parlano molto. È faticoso lavorare di notte. Riccardo, il più anziano sicuramente pensa alla famiglia a casa, e Matteo che è un bel giovanotto, immagino che pensi agli amici che invece staranno in giro a divertirsi.

I profumi di notte sono fantastici, sono più intensi, più intimi.

L’olio extravergine di oliva appena franto non è bello da vedere. I carrelli sembrano enormi tazze di cappuccino. Ma quando Matteo apre il rubinetto del carrello e l’olio fluisce nelle posture interrate inizia l’incanto. Un nastro verde, lucido, profumato si tuffa in una botola scura e si ricongiunge nel buio con altro succo prezioso. Starei ore a guardare, a sentire e a respirare.

Di notte è più bello guardare l’olio, è un rapporto intimo, che ti fa pensare. E scrivere

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